Prima asta biometano nel segno dell’attesa
Il GSE ha reso pubblica la graduatoria della prima asta relativa al Decreto Biometano3 DM 15 settembre 2022 che assegna i fondi della connessa misura del PNRR.
I progetti approvati sono 60 e di questi 9 appartengono alla filiera dei rifiuti e 51 sono basati sull’impiego di matrici agricole o agroindustriali. Il dato che emerge immediatamente, oltre all’aggiudicazione di meno della metà della capacità produttiva disponibile, è l’esiguità della rappresentanza delle aziende agricole, che lascia spazio a molteplici progetti proposti da gruppi industriali, multiutility, fondi di investimento ed altri investitori. Gli agricoltori italiani sono rimasti, in sostanza, in attesa.
Chi ha a cuore il futuro del settore del biogas agricolo ed il ruolo fondamentale che la filiera agroenergetica svolge nell’ambito dell’agricoltura stessa ha il dovere di interrogarsi sulle cause di questo iniziale scarso interesse da parte dei più di 1800 impianti di biogas agricolo italiano che potenzialmente possono riconvertirsi a biometano e delle aziende agricole interessate a nuovi investimenti.
Con oltre 1.800 impianti di biogas sui 2.200 esistenti la filiera agricola rappresenta la parte preponderante del comparto e garantisce già oggi una produzione annua di 1,6 Mld Smc di metano, in larga parte destinato alla produzione combinata di elettricità e calore nelle aziende agricole e per una piccola ma crescente parte alla produzione di biometano. Più di 1.100 impianti raggiungeranno la fine del periodo di incentivazione entro il 2027 e, in assenza di prospettive, il sistema Paese perderebbe di conseguenza più di 1 GWe di potenza elettrica installata rinnovabile e disponibile h24.
Gli obiettivi del PNRR, supportati da RepowerEU, pongono al centro della strategia nazionale la riconversione prioritaria del parco installato a biometano e la normativa in vigore (DM 15 settembre 2022) offre un quadro di sostegno chiaro e concreto fino a metà del 2026.
Gli eventi e le congiunture internazionali che hanno interessato il nostro Paese a partire da fine 2021, inizio 2022 hanno, purtroppo, compromesso l’ottimo lavoro di messa a punto del sistema da parte del MITE (oggi MASE), inficiando in modo drastico i business plan attentamente costruiti.
Dal 17/11/2021, data di notifica del Decreto Biometano alla Commissione Europea, al 31/5/2023 l’incremento dell’indice di inflazione IPCA è stato del 13,9% (o il 12,2% sull’indice dei prezzi al consumo) mentre i prezzi delle materie prime di riferimento sono ancora almeno il 40% più alti rispetto agli ultimi anni nonostante il recente calo. L’inflazione ha, inoltre, spinto i tassi di riferimento BCE dallo 0% di fine 2021 al 4% attuale, con il conseguente impatto sui tassi dei crediti bancari.
È evidente, quindi, che i business plan ipotizzati con le tariffe decise a fine 2021 non esistono più.
E con questo vengono, di conseguenza, messi a rischio il raggiungimento degli obiettivi PNRR e l’intero assetto del settore.
Alcune scelte politiche operate nel Decreto hanno, inoltre, contribuito a complicare il percorso di riconversione ed in particolare l’applicazione della sostenibilità anche al di sotto della soglia europea di 2 MW (circa 200 Smc/h) rende difficile l’operazione in alcuni contesti italiani ed aggrava, in ogni caso, il quadro dei costi operativi specialmente per gli impianti più piccoli.
Dobbiamo, quindi, prendere atto con rammarico che il settore agricolo si sta muovendo con grande fatica ed incertezza rispetto alla riconversione, lasciando a volte spazio a grandi realtà industriali che puntano ad assumere la gestione della filiera agricola del biometano. Senza nulla togliere alla qualità ed efficacia dei soggetti industriali, riteniamo che un settore del biogas distaccato dalla produzione agricola primaria e dall’integrazione con le filiere agroalimentari perda gran parte del suo significato originario.
A queste difficoltà si aggiungono e più volte evidenziate e note criticità strutturali rispetto alla riconversione in massa a biometano del settore biogas agricolo. Impianti troppo piccoli, troppo lontani dalla rete gas, o alimentati da filiere storiche di biomasse prevalentemente vegetali non potranno essere riconvertiti e, in assenza di un sostegno, andranno incontro alla chiusura, con conseguente dispersione di un importante patrimonio collettivo nazionale. I dati relativi al campione CMA ci indicano che, ad oggi, non più del 15% della potenza installata di biogas agricolo potrà essere riconvertita a biometano in assenza di interventi.
Ci permettiamo, quindi, di segnalare e caldeggiare in modo accorato l’urgenza dei seguenti interventi:
- Recuperare l’inflazione subita nel periodo fine 2021 maggio 2023 sulle tariffe di riferimento del biometano in coerenza con l’art. 12 comma 6 del DM 15 settembre 2022 in modo da ripristinare i business plan delle aziende agricole, più indifese sul mercato rispetto ad altri soggetti con maggiore integrazione e struttura finanziaria.
- Introdurre un meccanismo attento e ponderato di “socializzazione” dei costi di connessione alla rete gas, spesso molto elevati nei contesti rurali in modo da impattare meno sui business plan
- Completare il quadro normativo relativo alle garanzie di origine
- Valutare nei modi opportuni, alcune modifiche al Decreto:
- Rafforzamento del sostegno (tariffa o intervento in conto capitale) per le imprese propriamente agricole in linea con quanto avvenuto per il Parco Agrisolare
- Incremento dei massimali di spesa per le riconversioni
- Eliminazione del vincolo di sostenibilità per impianti con potenza < 2 MW (in coerenza con art. 29 RED II)
- Rafforzamento degli interventi PNRR a sostegno dell’efficientamento degli impianti biogas elettrici esistenti (efficienza dei generatori, riduzione emissioni, pratiche agro ecologiche, ecc)
- Attuare un intervento tampone di proroga degli attuali sostegni per gli impianti che cessano il periodo di incentivazione elettrica fino alla eventuale riconversione a biometano e comunque non oltre il 30/6/2026 consentendo di esercire gli impianti anche nel tempo, spesso lungo, necessario per autorizzazioni e connessioni alla rete.
Se questi interventi verranno attuati è possibile immaginare un tasso di riconversione decisamente più elevato da parte degli impianti agricoli, puntando a centrare gli obiettivi PNRR.
Occorre, in ogni caso, avere chiara la consapevolezza che non tutti gli impianti agricoli potranno riconvertirsi o per taglia, o per distanza dalla rete, o per dieta inadeguata o, semplicemente, perché nel loro caso l’elettrico rimane ancora la scelta più efficiente (impianti piccoli o che valorizzano il calore). E’ quindi necessario rendere disponibile per le aziende il meccanismo di sostegno elettrico delineato per gli impianti che non beneficiano di incentivi tramite meccanismi a valere sui prezzi di ritiro dell’energia elettrica.